“Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà pienamente scoperto.” (Karl R. Popper) Un classico che ha suscitato un dibattito inesauribile e oggi è più che mai attuale, un una nuova edizione arricchita da un saggio introduttivo di Giancarlo Bosetti e dai testi di John Condry, Karol Woytila, Raimondo Cubeddu e Jean Baudoin.
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- Ebbene, pur trascurando dunque gli strani eccessi italiani, lo colpiva la tendenza evolutiva delle comunicazioni di massa verso il peggio: il peggio per la democrazia in termini di squilibrio di poteri e il peggio per i bambini, in termini di diseducazione. Egli vedeva innescata nelle società sviluppate più forti una tendenza rovinosa e voleva dare l’allarme.
- Sacharov era stato un falco, un super-falco, del potere sovietico, aveva addirittura cercato di piegare le esitazioni di Beria, il celebre capo della polizia staliniana, ai suoi progetti, ai test nucleari, all’idea di sganciare una bomba all’idrogeno (migliaia di volte più potente di quella di Hiroshima) sugli Stati Uniti. Solo la moderazione e la saggezza di Kruscev, la sua «umanità» aveva dunque impedito il peggio. Sacharov voleva addirittura progettare delle speciali motosiluranti che avrebbero potuto trasportare il carico fino a Manhattan, downtown, passando davanti alla Statua della Libertà. Una specie di Osama Bin Laden ante litteram. Doveva dunque essere considerato uno dei più grandi criminali del secolo. Altro che Nobel per la pace!
- La televisione per i suoi effetti di lungo periodo sulla società.
- Il tema del pericolo che per la democrazia è rappresentato dalla tv ha avuto una circolazione molto più vasta dopo la pubblicazione del testo popperiano.
- Quello che il bambino assorbe è non solo la violenza ma anche un imprint, uno stampo formativo «tutto centrato sul vedere». La televisione «ha allevato e sta allevando l’uomo che non legge, la torpidità mentale, il “rammollito da video”, l’addetto a vita ai videogames». A preoccupare Sartori è dunque più che la violenza, la cattiva qualità dell’opinione pubblica su cui si regge la democrazia, la «politica video plasmata» che tende a consegnare il potere nelle mani della minoranza che detiene le informazioni e, con queste, i mezzi del dominio simbolico delle masse.
- «I genitori che si servono abitualmente e a lungo della televisione come di una specie di bambinaia elettronica, abdicano al loro ruolo di primari educatori dei propri figli».
- È cosciente del fatto che essa tende a togliere a chi la guarda ogni attitudine critica razionale.
- Se fino all’89 la proliferazione delle antenne e dei satelliti ha accelerato la disintegrazione del mondo comunista, da lì in avanti il circo dell’etere porta per tutto il globo la sua «cornucopia permissiva». Dallas e Dinasty non hanno più barriere. La combinazione di «vuoto morale», «perdita di responsabilità», «edonismo di massa», desiderio sconfinato di «autogratificazione attraverso i consumi materiali», mentre gran parte del mondo «sta ancora lottando per soddisfare i bisogni primari», si presenta come l’innesco di una esplosione di potenza finora sconosciuta.
- Di questo passo il mondo va diritto verso «lo scontro frontale tra il consumatore insaziabile e chi resta a guardare, privo di tutto».
- «Il loro contenuto di realtà è ancora minore di quello delle leggende degli inizi dell’era moderna; ma il loro effetto è incomparabilmente più forte. In particolare la pubblicità, che nei paesi ricchi dove è prodotta viene intesa senza problemi come un semplice sistema di segni senza referenti reali, nel Secondo e nel Terzo Mondo passa per una descrizione attendibile di un possibile modo di vita. Essa condiziona in buona parte l’orizzonte delle aspettative legate alla migrazione». Ed è stato il caso dei programmi televisivi italiani che raggiungevano l’Albania all’indomani del crollo del regime, spingendo decine di migliaia di persone a partire immediatamente e a qualunque costo nella convinzione di entrare nel regno di uno sconfinato benessere.
- Dunque non è vero che i mass media riflettono, è vero che modificano la realtà allo scopo in sé legittimo di raccogliere più pubblico e vendere più pubblicità.
- La verità sta lì da prendere, purché apriamo gli occhi alla luce della ragione, purché le togliamo i veli o ci liberiamo dai veleni che inquinano la mente e inducono in errore.
- Una di queste può essere il nostro colpevole rifiuto di vederla a causa dei nostri pregiudizi o a causa di poteri che cospirano per mantenerci nell’ignoranza.
- La verità è difficile da conquistare e, una volta trovata, può essere facilmente perduta di nuovo.
- La televisione non può insegnare ai bambini ciò che debbono sapere via via che crescono e diventano adolescenti e poi adulti. Io direi diversamente: non può farlo la televisione per come è organizzata adesso.
- La ragione è che il compito di diventare una forza culturale per il bene è terribilmente difficile. Per dire la cosa nel modo più semplice, non abbiamo gente che possa realizzare, per più o meno venti ore al giorno, materia buona, programmi di valore.
- Vi sono troppe stazioni emittenti in competizione. Per che cosa competono? Ovviamente per accaparrarsi i telespettatori e non, mi si lasci dire così, per un fine educativo. Non fanno certamente a gara per produrre programmi di solida qualità morale, per produrre trasmissioni che insegnino ai bambini qualche genere di etica.
- «Dobbiamo offrire alla gente quello che la gente vuole», come se si potesse sapere quello che la gente vuole dalle statistiche sugli ascolti delle trasmissioni.
- Lui, il capo di quella televisione, non può sapere che cosa la gente sceglierebbe se ricevesse proposte diverse dalle sue.
- L’audience li accetta purché ci si metta sopra del pepe, delle spezie, dei sapori forti, che sono per lo più rappresentati dalla violenza, dal sesso e dal sensazionalismo. Il fatto è che più si impiega questo genere di spezie più si educa la gente a richiederne.
- Nel rapporto tra bambini e televisione noi ci troviamo di fronte a un problema evolutivo: i bambini vengono a questo mondo strutturati per un compito, quello di adattarsi al loro ambiente.
- Essi sono perciò dipendenti, in misura considerevole, nella loro evoluzione mentale dal loro ambiente.
- Ora, il punto è che la televisione è parte dell’ambiente dei bambini.
- La televisione produce violenza e la porta in case dove altrimenti violenza non ci sarebbe.
- Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi.
- Che i cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo.
- Non ci dovrebbe essere alcun potere politico incontrollato in una democrazia. Ora, è accaduto che questa televisione sia diventata un potere politico colossale, potenzialmente si potrebbe dire anche il più importante di tutti, come se fosse Dio stesso che parla.
- Nessuna democrazia può sopravvivere se all’abuso di questo potere non si mette fine.
- Una democrazia non può esistere se non si mette sotto controllo la televisione, o più precisamente non può esistere a lungo fino a quando il potere della televisione non sarà stato pienamente scoperto. Dico così perché anche i nemici della democrazia non sono ancora del tutto consapevoli del potere della televisione. Ma quando si saranno resi conto fino in fondo di quello che possono fare la useranno in tutti i modi, anche nelle situazioni più pericolose. Ma allora sarà troppo tardi.
- Invece i bambini, pur apprezzando gli aspetti di intrattenimento della televisione, hanno più difficoltà – a causa della loro limitata comprensione del mondo – a discernere i fatti dalla finzione. Sono più vulnerabili degli adulti.
- Ad esempio, i bambini assistono a scene violente, e a modo loro possono forse concludere che «il più forte ha ragione».
- Un’idea che senz’altro capiscono è che se uno vuole una cosa e ha più potere di un altro, la ottiene.
- La risata registrata dice al bambino che è successo qualcosa d’importante, e questo a sua volta serve a introdurlo ad usanze e a valori specifici per quanto riguarda, in particolare, le abitudini sessuali.
- Molte bambine amano le telenovelas, nella convinzione di imparare qualcosa sulla vita; molti ragazzi amano le avventure di azione, spesso per lo stesso motivo.
- Gli spettacoli con eroi maschili attirano anche le bambine, mentre non è vero l’inverso;
- La televisione è fondamentalmente uno strumento commerciale. I suoi valori sono i valori del mercato; la sua struttura e i suoi contenuti rispecchiano tale obiettivo. Lo scopo dei responsabili della programmazione televisiva è catturare l’attenzione del pubblico e trattenerla abbastanza a lungo per propagandare un prodotto.
- La televisione vive nel presente, non ha rispetto per il passato e ha scarso interesse per il futuro.
- Una delle funzioni primarie dell’istruzione, sia a casa che a scuola, è di collegare il passato con il futuro, di mostrare in che modo il presente discende da ciò che lo ha preceduto, e in che modo il futuro è legato ad entrambi.
- Se i bambini di oggi sono crudeli verso i loro simili, come sostengono alcuni, se mancano di solidarietà, se ridono dei deboli e disprezzano le persone che mostrano di aver bisogno di aiuto, questi atteggiamenti sono forse attribuibili a ciò che si vede sul piccolo schermo? I poveri e i meno fortunati sono rappresentati di rado in televisione, e quando ciò accade vengono per lo più additati al ridicolo. La ricchezza è la chiave per passarsela bene in tv; i più ammirati sono ricchi, vivono in dimore sontuose e vanno in giro a bordo di limousine lunghe come treni. La cosa davvero assurda è che la tv non mostra mai nessuno intento a lavorare per guadagnare le ricchezze che ostenta. Non esiste alcun legame fra il lavoro e la vita. I bambini, che preferiscono la soluzione più rapida ai problemi, cercano la bella vita così come la definisce la televisione, vale a dire possedere tante cose, ma non sanno come procurarsele. E come potrebbe essere diversamente? Mostrare gente che lavora per la televisione è una bestemmia, uno spreco di tempo! Rende la tv noiosa, e ciò sarebbe inammissibile. In televisione, ogni momento dev’essere emozionante, ogni avvenimento deve attrarre l’attenzione. A queste condizioni, è impossibile raffigurare il rapporto causale fra lavoro e ricchezza o altri che non sono facili da raffigurare o presentabili sul piano visivo.
- Per ogni messaggio televisivo che dice: «Dite no alla droga», dunque, ve ne sono 6 che dicono: «Se non ti senti bene, prendi una droga o un farmaco per modificare il tuo stato». Non riesci a dormire? Prendi qualcosa. Non riesci a stare sveglio? Prendi qualcosa. Vuoi dimagrire? Prendi qualcosa. Ti senti un po’ giù? Prendi qualcosa, oppure beviti una birra o un bicchiere di vino.
- Molti pre-adolescenti e adolescenti guardano la televisione e vi scorgono una fonte d’informazione sul comportamento sessuale. Tale informazione – che non è facilmente accessibile altrimenti, visto che molti genitori hanno difficoltà a parlare di sesso con i figli – è di importanza cruciale per molti.
- L’omosessualità, menzionata di rado, figurava spesso come tema umoristico.
- I valori in caratteristiche che costituiscono un mezzo per raggiungere un dato fine – definiti valori strumentali – e quelli che sono fini in se stessi – i valori terminali. Una persona può ad esempio attribuire valore al lavoro perché esso determina la sicurezza economica; in base alla nostra definizione il «duro lavoro» costituisce una valore strumentale e la «sicurezza economica» un valore terminale.
- I valori strumentali citati più frequentemente negli spot pubblicitari sono stati: «essere capaci», «essere d’aiuto agli altri», «essere furbi»; i meno citati sono stati «essere coraggiosi» e «saper perdonare». Fra i valori riferiti all’aspetto esteriore della persona, i più citati sono stati «essere belli» e «essere giovanili». «Essere sexy» è un valore citato relativamente di rado, cioè nel 6 per cento di tutti gli spot analizzati. Di contro a questi valori strumentali, un solo valore terminale domina tutti gli altri: «la felicità». Il valore-felicità viene sottolineato in quasi il 60 per cento di tutti gli annunci pubblicitari, ed è menzionato oltre due volte più spesso di qualsiasi altro. Il secondo dei valori terminali più menzionati è stato il «riconoscimento da parte della società».
- Per i bambini avevano frequenze minori rispetto al resto del campione per quasi tutti i cosiddetti valori altruistici, mentre tendevano a sottolineare elementi come il giocare tanto, il divertirsi e l’essere felici.
- Eppure, vi si osserva la stessa distorsione dei fatti riguardanti il mondo reale. Ad esempio, la maggior parte delle persone è convinta che se i criminali la fanno franca con i loro delitti è perché i tribunali sono troppo indulgenti e infliggono pene detentive troppo brevi. La realtà dei fatti è esattamente opposta. Nella maggioranza delle città americane soltanto il 15-18 per cento di tutti i crimini denunciati sfocia in un arresto. Fra le persone arrestate la maggioranza viene spedita in galera per lunghi periodi di tempo.
- Alla televisione i criminali in genere vengono acciuffati dalla polizia, ma spesso si sottraggono al castigo grazie all’indulgenza e al permissivismo dei giudici.
- È impossibile credere che l’esposizione ripetuta a vicende del genere non svolga qualche ruolo nelle decisioni politiche dei legislatori e nel voto dell’elettorato.
- Il danno che arreca è personale, sociale, fisico e mentale.
- Occorre che la scuola insegni ai bambini qualcosa sulla televisione, per quanto riguarda sia i programmi che la pubblicità.
- La scuola dovrebbe elaborare dei programmi pedagogici per insegnare ai bambini ad essere telespettatori critici, e questo in età assai precoce.
- La televisione è una ladra di tempo: deruba i bambini di ore preziose, essenziali per imparare qualcosa sul mondo e sul posto che ciascuno vi occupa.
- Guardando la televisione i bambini vi scorgono una fonte ragionevole di informazioni sul mondo. Questo non è vero, ma loro non hanno modo di capirlo. Per quel po’ di verità che la televisione comunica, c’è molto di falso e di distorto, sia in materia di valori che di fatti reali.
- Per molti aspetti la televisione rispecchia i problemi della scuola. La curiosità cala e il coinvolgimento non è richiesto: almeno su questo punto scuole e produttori televisivi concordano. Il termine «educare» viene sostituito dal termine «addestrare».
- Possiamo modificare i contenuti, migliorare la qualità dei programmi a disposizione dei bambini, ma l’esigenza più importante è scoraggiare i bambini dall’usare la televisione come fonte di informazioni sul mondo.