
«Una società grottesca che corre senza direzione, tappa dopo tappa, anno dopo anno, sogno infranto dopo sogno infranto, incapace di fermarsi e respirare, di sciogliersi in un abbraccio, di porsi le domande che contano davvero.»
Schiavi di un tempo che fugge e costantemente sotto pressione, saturiamo la nostra vita di appuntamenti, scadenze e doveri nella speranza di vivere di più.
Persi dietro lavori che non ci gratificano e persone che non ci piacciono, rotoliamo lungo i binari della vita con gli occhi spenti dalla routine e dall’effimero, in un perenne stato di non presenza, di frammentata e alterata percezione di noi stessi e di quel che ci circonda.
Lobotomizzati da una società che instilla bisogni fugaci e inesistenti, cediamo le vesti di pensatori critici e consapevoli per indossare quelle di consumatori dipendenti e perennemente insoddisfatti.
Siamo nati liberi, così ci hanno insegnato. Eppure, più passa il tempo e più questa libertà assomiglia a un’illusione. In fondo, credersi schiavi è molto più semplice che ritenersi padroni del proprio destino.
Perché se sei tu il padrone, allora non ci sono più scuse. Non puoi più nascondere la testa sotto la sabbia. Non puoi più rimandare a domani. L’unica cosa che ti resta da fare è darti una mossa, rimboccarti le maniche e riprendere in mano le redini del tuo tempo, della tua vita.
Un saggio appassionato, profondo e mai banale, che indaga la realtà senza filtri né disincanto, per scavare a fondo in una delle più grandi tragedie dell’uomo postmoderno, la folle accelerazione sociale, e la conseguenza più devastante che si porta appresso: il prosciugamento del tempo libero. Un’analisi sorprendente, che anziché chiudersi entro i paletti rassicuranti del pessimismo, si apre a nuovi scenari esistenziali, dove la vita non corre più, perché non ne ha più bisogno, ma viaggia lungo binari più lenti e consapevoli. Un libro che non promette ricette, ma offre spunti di riflessione in grado di scuotere il lettore, che non regala verità, ma solo un’umile certezza: la vita è una sola e il tempo il dono più importante da salvaguardare.
- Perché non è vero che non abbiamo tempo, è solo che lo sprechiamo, e quello che non sprechiamo, ce lo facciamo rubare.
- il nostro tempo di vita è la cosa più preziosa che abbiamo.
- È questo il grande paradosso dell’uomo contemporaneo: correre per non andare da nessuna parte. È la folle velocità di cui è impregnata la nostra vita la vera malattia del 21° secolo, il cancro e la depressione sono solo una conseguenza.
- Terrorizzati da un tempo liquido che ci scivola tra le dita senza lasciare traccia, saturiamo la nostra vita di appuntamenti, scadenze e doveri per avere l’illusione di vivere di più.
- Sei cresciuto con l’idea che l’importante fosse essere migliore, del tuo compagno di banco, dei tuoi colleghi, della versione precedente di te stesso. Ti hanno insegnato che per arrivare devi competere con gli altri, dimostrare il tuo valore a scapito di quello altrui, raggiungere l’asticella prefissata e superare i tuoi limiti.
- La colpa non è soltanto di un sistema educativo improntato sull’eccellenza anziché sull’unicità, ma anche di genitori narcisisti in cerca di bambini superman
- Crescendo, poi, i super bambini diventano super uomini ingessati dentro vite rigide dove sono banditi l’errore, l’incertezza, la debolezza, dove non sono tollerate le crisi, le pause, le riflessioni, le messe in discussione.
- C’è gente che aspetta tutto l’anno di andare in ferie e quando finalmente si ritrova a bere un mojito sul lettino in spiaggia si annoia a morte e si ritrova a scrollare Facebook per ingannare il tempo.
- In fondo, credersi schiavi è molto più semplice che ritenersi padroni del proprio destino.
- denunciare quel sistema sciagurato, che aveva deciso che il benessere e la sopravvivenza stessa dell’individuo fossero sacrificabili per una fantomatica “causa comune” votata all’auto distruzione.
- Esaurimento emotivo. Frustrazione e insoddisfazione. Perdita di entusiasmo e di interesse. Eccessiva irritabilità. Tachicardia. Insonnia. Cefalea. Gastrite. Depressione. Questi sono solo alcuni tra gli effetti psicologici e fisici di chi è affetto dalla sindrome da burnout. Ti dicono qualcosa? Hai mai avuto qualcuno di questi sintomi?
- nella Roma e nella Grecia antiche il lavoro era considerato una punizione, la croce degli schiavi.
- Come tutte le ideologie, anche quella del lavoro si nutre di quadrupedi dal cervello spento ed emozioni anestetizzate. L’obiettivo è rendere la massa inoffensiva, talmente anestetizzata e confusa da non rendersi nemmeno conto della gabbia in cui è rinchiusa.
- Dedichiamo al lavoro la parte migliore della nostra vita e del nostro entusiasmo, maledicendolo ogni santo giorno e aspettando con ansia il momento in cui ce ne libereremo e andremo in pensione. Per poi, una volta appeso il cartellino al chiodo, cadere nel panico perché non sappiamo più come ammazzare il tempo.
- Non si lavora più per vivere ma si vive per lavorare. Per sacrificarsi, per emergere, per farsi grandi agli occhi degli altri. Per sentirsi persone di valore, adulte e responsabili, con una vita piena e degna d’invidia.
- Da componente della vita di un essere umano, il lavoro si è risucchiato tutta la nostra identità. Prova a chiedere a qualcuno: “Chi sei?” e ti risponderà indicando il lavoro che svolge o il suo ruolo sociale. Dirà “Sono un idraulico”, “Sono una biologa”, “Sono un avvocato”. Non dirà chi è, cosa gli piace fare, quali esperienze gli hanno segnato la via, ma solo quel che fa per portarsi a casa uno stipendio, nascondendo la propria unicità di essere umano dietro i soffocanti muri di un cliché.
- Il lavoro nobilita l’uomo. Come se farsi sfruttare per arrivare a fine mese fosse dignitoso, come se chiudere nel cassetto la laurea e i propri sogni per potersi accaparrare un contratto da stagista sottopagato c’entrasse davvero qualcosa con la dignità di un essere umano.
- Il lavoro non è il demonio. Il demonio è l’uso che decidiamo di fare del lavoro, la percezione che ne abbiamo, lo strapotere di cui lo investiamo.
- Quando acquistiamo un oggetto, il denaro è solo una delle merci di scambio che utilizziamo per averlo, la più superficiale, la più trascurabile. Le “vere” monete riposano dietro di esso e si chiamano tempo libero e benessere personale. Thoreau diceva che il costo di qualcosa è “la quantità di vita” necessaria per potersela permettere. Il vero costo di un oggetto, cioè, non è il numero di banconote che dobbiamo tirare fuori per barattarlo ma il tempo e l’energia vitale che ci sono richiesti per racimolare il denaro necessario per pagarlo.
- Come tutte le sette, il consumismo non chiede il permesso, sfonda la porta e si intrufola nelle nostre vite ancor prima che ne abbiamo coscienza. Non è un’adesione volontaria la nostra, quanto meno in apparenza, ma una strada “obbligata” su cui ci troviamo a correre non appena nasciamo.
- una società abile a vendicarsi instillando devastanti sensi di colpa e insoddisfazione in chiunque non tenga il passo richiesto.
- bisogni indotti. Annebbiati dalla pubblicità e dalla competizione, sbavano di fronte a oggetti che non sapevano di volere e di cui non sanno che farsene, ma per i quali sono disposti a indebitarsi e a fare decine di ore di straordinari.
- Il consumatore consumato non pensa, perché ha dimenticato come si fa e forse non lo ha mai saputo.
- il sistema deve poter contare su consumatori inconsapevoli, deboli e manipolabili. Per riuscire nel suo intento ha solo un modo: privarli del tempo necessario per pensare.
- Ha un benessere mediocre che lo mantiene saldo nel suo limbo esistenziale. Non sta né troppo bene né troppo male, ha abbastanza denaro e cibo in pancia per non fare la rivoluzione ma non a sufficienza per trovare il coraggio di scendere dalla ruota del criceto e costruirsi una vita propria. La possibilità di un benessere sconosciuto, difatti, lo terrorizza molto più del malessere conosciuto.
- Il telefono che squilla, qualcuno che bussa alla porta, le notifiche di Facebook, dei gruppi Whatsapp, dell’andamento dei bitcoin. I clacson incessanti, il rombo dei motori, i decespugliatori, i martelli pneumatici, il camion della nettezza urbana, la sirena dell’ambulanza, gli allarmi delle case, il vicino che bestemmia, il cane che ulula, le liti tra i condomini. Un oceano di persone incuranti dei confini altrui che blaterano ad alta voce, ciarlano e urlano senza sapere cosa dire né tantomeno come. Rumori in strada, in ufficio, sul treno, al ristorante e dentro casa. Rumori in spiaggia, sulla cima della montagna, tra i vicoli di un sito archeologico e i palchi di un teatro romano. Rumori attorno come un blob, rumori ovunque e da chiunque, senza un attimo di tregua. Questo fuori. Dentro, se possibile, ancora peggio. Dentro, il chiacchiericcio confuso e senza sosta di una mente impermeabile alla quiete che nel silenzio non si ritrova, anzi, annaspa e poi si affoga.
- Viviamo schiacciati da un sovraccarico informativo che non sappiamo filtrare, che non sappiamo gestire, che non sappiamo più elaborare.
- Se un tempo si era consapevoli delle proprie lacune e le si gestiva con un certo grado di umiltà, oggi riusciamo a colorare di spocchia persino la nostra ignoranza. Crediamo di sapere tutto ma la verità è che non sappiamo niente. Indifferenti all’analisi e all’approfondimento, nuotiamo annaspando in superficie ignari degli abissi e indifferenti a ciò che potrebbero svelare, se solo glielo concedessimo.
- Dopotutto, è atrofizzando i muscoli del cervello che si distoglie l’attenzione e ci si assicura l’eterna sottomissione.
- Perché quando silenziamo le distrazioni, la mente si spalanca come una voragine e guardarla in faccia è impresa non da tutti.
- Non so quando è successo, né tantomeno come. So solo che a forza di darli per scontati abbiamo svilito i sentimenti, li abbiamo raggrinziti e raffreddati come corpi nudi in una notte d’inverno.
- Il passaggio dalla stabilità alla precarietà è stato così veloce da passare quasi inosservato. Non è solo il mondo del lavoro ad averne subito i devastanti contraccolpi ma anche le relazioni umane, sempre più liquide e fragili, sempre più evanescenti.
- Schiavi del tempo che fugge e costantemente sotto pressione, i genitori postmoderni scordano la pazienza e l’arte di ascoltare i propri figli, di aiutarli a fare i compiti, di rispondere ai loro “perché?”, di giocare assieme a loro.
- Siamo connessi 24 ore su 24 ‒ con la famiglia, gli amici, i colleghi, il gruppo dello yoga e del nordic walking. Siamo pieni zeppi di amici virtuali che ci chiamano “tesoro” e ci dicono “io per te ci sono sempre” ma poi, quando arriva sera, ci ritroviamo soli nel nostro appartamento con i nostri dolori da tamponare. Abbiamo migliaia di follower e cuoricini sotto i post, ma quando moriamo, moriamo soli.
- Tu che rimproveri gli altri di non avere tempo per te, quanto tempo doni a loro? Tu che dici che il mondo ormai è tutto uno schifo, perché ognuno guarda solo al proprio orticello, quante volte allunghi la tua mano per aiutare gli altri? La mancanza di tempo si è miscelata al menefreghismo e ci ha isolati nel nostro piccolo, misero mondo fatto di solitudine, cinismo e indifferenza.
- “La domanda fondamentale è infatti: qual è lo scopo della vita? Diventare più umani o produrre di più?” (Erich Fromm)
- Non credere a chi ti dice che è così che va il mondo, che i sogni sono per gli ingenui e i ragazzini, che crescere significa mettere da parte i desideri e rinunciare a sperare. Che la vita è lavoro, rinuncia e sacrificio e che per vivere bene è necessario avere le gambe veloci e la mente vuota, piegare la testa, abbassare la voce, costruirsi una corazza di cinismo per proteggersi dalle schifezze del mondo.
- Ammalando la Terra, abbiamo ammalato noi stessi. Intossicati da alimenti innaturali gonfi di ormoni, zuccheri e pesticidi, trabocchiamo di allergie e bruciamo di infiammazioni perenni. Abbiamo sterminato ecosistemi millenari per lasciare il posto a coltivazioni forzate, manipolate e temporanee, dimenticandoci che le voglie dell’uomo mutano molto più in fretta di quanto la Terra sappia rigenerarsi.
- La malattia dell’umanità è entrata nel suo stadio terminale. Siamo passeggeri di una macchina lanciata a tutta velocità verso una strada senza uscita, che punta dritta verso il baratro. Non esistono vie di mezzo, o saltiamo fuori o ci schiantiamo in fondo al burrone, rottami tra i rottami.
- Dobbiamo capire che la vera ricchezza non è il denaro che accumuliamo e convertiamo in fugaci miraggi di felicità ma il tempo che ci resta in tasca a fine giornata.
- “La schiavitù non è mai stata abolita, è stata solo estesa a tutti i colori di pelle”. E quello che fa male è vedere la continua perdita di umanità in coloro che lottano per tenere posti di lavoro che non vogliono, perché hanno troppa paura che l’alternativa sia peggiore.
- La verità è che non pagano mai abbastanza gli schiavi perché si rendano liberi, li pagano il giusto per farli sopravvivere e farli ritornare a lavorare il giorno successivo.
- Non sto dicendo che ci debba essere per forza qualcosa di sbagliato nella tua vita. Magari sei pienamente soddisfatto di quello che fai e in questo caso cambiare non avrebbe alcun senso, anzi sarebbe una follia. Se il tuo lavoro ti piace e sei felice a fare quello che stai facendo là dove lo stai facendo, va benissimo così. Non c’è nulla di male, anzi, è un grande dono di cui devi prendere coscienza. Goditi questo privilegio, ringrazia ogni mattina per esso e non darlo mai per scontato.
- “Come cazzo è possibile che ad un uomo piaccia essere svegliato alle 6.30 da una sveglia, scivolare fuori dal letto, vestirsi, mangiare a forza, cagare, pisciare, lavarsi i denti e pettinarsi, poi combattere contro il traffico per finire in un posto dove essenzialmente fai un sacco di soldi per qualcun altro e ti viene chiesto di essere grato per l’opportunità di farlo?” (Charles Bukowski)
- Siamo ancora dei bambini quando cominciamo a navigare dentro sovrastrutture sociali che ci entrano pian piano sotto pelle, plasmando i nostri pensieri e le nostre decisioni, gabbie mentali che ci trasciniamo dietro per tutta la vita senza mai metterle in discussione, spesso senza nemmeno riuscire a vederle. Nasci-studia-trova un lavoro sicuro-sposati-fai figli-paga il mutuo-lavora-consuma-lavora-lavora-LAVORA-muori.
- Quando il tempo libero dal lavoro coincide con la pausa necessaria per ricaricare le pile, siamo già di fronte a una sconfitta.
- Un lavoratore libero, svincolato da luoghi e orari è un lavoratore più felice e un lavoratore più felice è un lavoratore più efficace.
- Sono riusciti a ingannarci. Ci hanno fatto credere che tutto quello che ci serviva per coltivare un’illusione di felicità fosse afferrare sempre più denaro e poi barattarlo in cambio di oggetti. Il vero capolavoro però non è stato questo, bensì fare in modo che di quanto faticosamente guadagnato col sudore della fronte solo una piccola parte venisse impiegata per soddisfare le necessità basilari e quelle accessorie proprie di una vita dignitosa, mentre la parte restante, quella più cospicua, finisse sperperata in oggetti futili e transitori, spesso inutili, spesso mai davvero desiderati.
- l’unico modo per mantenere il potere è allargare il divario tra ricchi e poveri, e l’unico modo per allargare il divario tra ricchi e poveri è acuire l’ignoranza, e l’unico modo per acuire l’ignoranza è atrofizzare il cervello, affogandolo in un consumismo cieco e drogato.
- Ricorda che quando compri qualcosa non la compri con i soldi, ma con il tempo che ti è servito per guadagnare quei soldi.
- La decrescita auspicata da Pallante è una rimodulazione consapevole della crescita e della produzione, è un invito a non sprecare, a non ingolfare il Pianeta di oggetti obsolescenti e di difficile smaltimento, è una neo crescita sostenibile ed etica che si fonda sul riutilizzo dei prodotti, l’ottimizzazione delle risorse e la collaborazione.
- Se impari a vivere con poco, non perché non puoi permetterti di acquistare il superfluo ma perché non lo vuoi, perché non ti serve, hai bisogno di meno denaro, dunque sei più svincolato dal sistema lavora-guadagna-consuma. Dunque, sei più libero.
- Se occupi la maggior parte della tua vita a guadagnare per poter consumare, non sei un uomo libero, sei uno schiavo.
- Passiamo gran parte della vita sospesi tra ciò che non esiste più, perché è già stato, e ciò che non esiste ancora, perché ancora non si è realizzato, del tutto indifferenti all’unica dimensione davvero reale e su cui abbiamo potere: il nostro presente.
- Siamo talmente condizionati dai dettami della società che ci siamo dimenticati di avere un cervello. Siamo il popolo dei post condivisi e dei retweet, delle image quote e delle citazioni. Affidiamo i nostri pensieri alle parole altrui perché non sappiamo più crearne di nostri, o non ne abbiamo il tempo, che alla fine è la stessa cosa, perché a forza di non usarli i muscoli si atrofizzano, a forza di non alimentarli i talenti muoiono.
- Dedica tempo anche alla lettura. Questa sera, anziché anestetizzarti con l’ennesimo programma trash che abbassa il livello della tua energia, scegli e prendi in mano un buon libro. La lettura non è solo un’apologia del silenzio ma anche un’occasione preziosa per conoscere, imparare e arricchirsi, per investire il proprio tempo anziché disperderlo.
- C’era una volta la Rivoluzione industriale, la nascita della macchina a vapore, delle ferrovie e delle fabbriche. C’era una volta un Pianeta che esplodeva di salute e trasudava fiducia nel futuro, che vedeva nel progresso la via maestra, non solo per il benessere materiale ma anche per quello spirituale. Basta spaccarsi la schiena nei campi! Basta sacrifici e rivoli di sudore che grondano dalla fronte! Le macchine solleveranno l’uomo dalle incombenze principali e gli lasceranno tra le mani così tanto tempo libero che non saprà che farsene. Poi la Rivoluzione passò e l’uomo sperimentò una delle più colossali fregature che la storia ricordi. Anziché stringere tra le mani più tempo libero, così come gli era stato promesso, si ritrovò prosciugato anche del poco che gli era rimasto.
- Chi sta fermo non produce e una persona che non produce è inutile, dannosa, un parassita della società. L’ozio, il padre di tutti i vizi. L’ozio, una malattia da combattere prima che si diffonda il virus. E chi non si lascerà curare, che almeno venga bandito, seppellito sotto cumuli di sensi di colpa e pubblica vergogna.
- L’ozio non è una malattia, l’ozio è la cura.
- Esiste anche un egoismo sano e costruttivo, quello che non dice “io al centro di tutto” ma “io al centro di me stesso”.
- Dire “no” quando non abbiamo tempo ed energie sufficienti, o semplicemente quando non ci va di fare qualcosa, non è maleducazione ma un diritto inviolabile di ogni essere umano.
- Concedere l’eutanasia ai legami che vegetano consumandosi lentamente è una manifestazione di coraggio e un immenso gesto d’amore.
- Senza gli altri non siamo niente, e senza di noi, gli altri non sono niente.