Mafia. L’atto d’accusa dei giudici di Palermo

Macrolibrarsi
Mafia
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Pubblicato: 1992

L’ordinanza sentenza che nel novembre 1985 rinviava a giudizio 475 imputati e dava impulso decisivo al maxiprocesso contro Cosa Nostra è un punto alto e fermo nella giurisprudenza ed è stata sancita dai più alti gradi della giustizia. Non è scritta con parole astruse e in stile burocratico, com’è solito in documenti simili: è incisiva e appassionante come un romanzo. Ma è anche un capolavoro di verità scritto con il sangue: già nella Premessa al voluminoso atto d’accusa, stilato nel chiuso di un’isola che doveva proteggerli, i giudici che vi avevano speso energie, sapienza giuridica e chiarezza di espressione ritenevano «doveroso ricordare che l’istruttoria venne iniziata oltre tre anni fa dal Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che in essa profuse tutto il suo impegno civile, a prezzo della sua stessa vita…». Quella Premessa suona oggi come tremenda profezia. I giudici che firmarono l’ordinanza sentenza, i cui capitoli più significativi pubblicammo subito e oggi riproponiamo in nuova edizione, erano Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Leonardo Guarnotta e Giuseppe Di Lello Finuoli: due di loro sono stati assassinati come Chinnici, prima Falcone e poi Borsellino, a due mesi di distanza. Duplice strage, undici morti, sette anni dopo. La mafia aveva atteso che questa ordinanza divenisse sentenza definitiva, dopo il pubblico processo, dopo gli stralci, dopo gli appelli, fino alla Cassazione. Ma non aveva atteso inoperosa né s’era astenuta da altro sangue. La lista dei caduti in Sicilia e altrove è cosi lunga che un’intera colonna non basterebbe a contenerne i nomi. A tutti è dedicato questo libro nella speranza che chi legge e chi opera sappia colmare i vuoti che finora hanno portato a tanto.