Gang giovanili. Perché nascono, chi ne fa parte, come intervenire

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Gang giovanili. Perché nascono, chi ne fa parte, come intervenire
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Pubblicato: 2019
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Gruppi di ragazzi, a volte poco più che bambini, si rendono protagonisti di aggressioni, compiono reati predatori, vandalizzano strutture, mezzi e spazi pubblici: quello delle gang giovanili è un fenomeno dai contorni sfuggenti che si manifesta – non da oggi – in Italia come in molti altri paesi. Chi sono i ragazzi che sperimentano queste forme di aggregazione? Perché lo fanno? Cosa pensano? Come si rapportano al mondo degli adulti e alle istituzioni? Esplorare i vissuti e i bisogni dei protagonisti ci aiuta a capire come possiamo incontrarli e quali alternative costruire per (e con) loro.

  • Quando si parla di gang giovanili, si usano diverse parole, chiamiamole così, contenitori, ma sono parole volutamente utilizzate nel discorso pubblico e politico per indurre determinate reazioni, giudizi, atteggiamenti nei confronti delle tante diverse espressioni delle aggregazioni giovanili che suscitano preoccupazione.
  • In genere impressione e sentimenti di paura che di conseguenza portano a vedere con favore la repressione per sradicare il fenomeno o quantomeno allontanarlo dalla vita dei cittadini comuni.
  • Uno di questi termini, usato esclusivamente in Italia, è quello di «baby gang».
  • «Baby gang» è un termine a effetto. Perché se da un lato il termine gang rimanda in modo netto a un’organizzazione strutturata che genera pericolo e insicurezza nei territori in cui è insediata e agisce (che dunque va estirpata in quanto nemico pubblico per la società) l’accostamento con il termine baby rappresenta l’inedito capace di attrarre il lettore o l’ascoltatore, dal momento che ne sono protagonisti i bambini.
  • In questo modo, di quell’aggregazione di giovani individui denominata gang, sottolinea una precocità che ancor più allarma, desta scandalo, è fuori dall’ordine delle cose, allontanandosi in massimo grado dall’immagine comunemente condivisa di ciò che i bambini dovrebbero essere.
  • Questa visione scandalistica del problema è molto grave soprattutto per il rischio di deresponsabilizzazione di quanti – persone e istituzioni – dovrebbero e potrebbero agire sulle condizioni relazionali, sociali e culturali, in cui hanno origine questo come altri problemi.
  • L’uso in proprio e soprattutto l’enfasi posta sulle parole gang o banda (e ancor più sull’espressione baby gang) possono avere effetti boomerang nella misura in cui orientano le azioni di chi è definito in un certo modo e lo rafforzano nell’adesione a quell’immagine, mentre agiscono da fattore attrattivo per altri, soprattutto i meno attrezzati culturalmente e i meno integrati socialmente alla ricerca di una identità e di un gruppo in cui rifugiarsi.
  • La non estraneità al contesto del loro verificarsi è evidente, a partire dalla banale considerazione che nessuna forma collettiva di presenza e di condivisione di pensieri e orientamenti degli individui di una data società è avulsa da quanto in quella società avviene, ossia dalle condizioni strutturali e dagli orientamenti culturali che la caratterizzano.
  • Si tratta di aggregazioni e comportamenti che in qualche misura possono essere considerati indicatori di dinamiche profonde e radicate di volta in volta nei contesti e nel tempo in cui si manifestano.
  • Per gli stessi protagonisti, le cui vite sono spesso costrette in orizzonti di paura, violenza, assenza di prospettive.

 

  • Per le situazioni che toccano il nostro paese e altri vicini useremo preferibilmente le espressioni di banda giovanile, banda urbana, qualche volta la locuzione inglese Street gang che ben definisce il carattere situato, locale e ancorato a un territorio.

 

  • Se vi è un luogo in Italia che viene evocato naturalmente quando si parla di bande giovanili (più frequentemente di baby-gang), questo è senza dubbio alcuno la città o il territorio di Napoli.

 

  • Ovviamente con le peculiarità proprie del contesto napoletano, sotto il profilo delle condizioni di vita, della cultura diffusa e della situazione sociale e relazionale in cui quei ragazzi e giovani crescono.

 

  • Un progressivo venir meno, nelle più giovani generazioni, di quel rispetto e di quella deferenza verso gli adulti che alimentava la dipendenza delle regole vigenti e dall’ordine assicurato dagli stessi boss. Dipendenza che offriva ai giovani dei quartieri opportunità di guadagnare di che vivere, in alcuni casi di arricchirsi, solo allineandosi e obbedendo.

 

  • Oggi è bene distinguere i ragazzi e i giovani appartenenti o vicini alle famiglie camorristiche, educati ai valori di quella cultura criminale, spesso addestrati fin da piccoli all’uso di armi, dagli altri gruppi di adolescenti, figli della deprivazione economica e culturale di tante zone della città.

 

  • Ragazzi e giovanissimi che danno vita a piccole, spesso improvvisate ed estemporanee bande di strada. Le loro azioni sono contraddistinte da gratuità, malignità, distruttività e dall’edonismo immediato. Assenza di un particolare movente e rimanda al fatto che semplicemente i colpevoli si sono trovati di fronte a qualcuno che appariva loro emblema di una normalità, fatta di famiglia, casa e studio, disprezzata e forse invidiata.

 

  • Un’analisi sulle città di Torino e Milano evidenziano come si siano formati gruppi di giovani connotati da comune origine geografica e culturale, sia gruppi misti, in cui adolescenti italiani e di origine straniera si integrano. Tra gli stranieri troviamo sia minori non accompagnati che maggiorenni soli. Sono vere e proprie seconde generazioni: ragazzi e ragazze nati o comunque cresciuti fin da piccoli nel nostro contesto.

 

  • Un movente li accomuna: l’essere fortemente condizionati dalla percezione del distacco profondo alla realtà vissuta quotidianamente e le difficoltà di pervenire a quella realizzazione personale e a quel benessere sociale immaginati. Benessere sociale dominato dal bombardamento di messaggi sulla felicità garantita dai consumi.

 

  • Siamo qui in presenza di comportamenti che mescolano, magari nell’arco della stessa serata, bullismo, violenza sulle persone, sottrazione di beni, distruttività verso le cose (di proprietà privata o più spesso pubblica).
  • Si parla spesso di branco…Perché ciò che tuttavia manca, almeno quasi sempre, sono: una struttura di ruoli definiti e stabili e la condivisione esplicita è dichiarata da tutti i di valori ho idee e anche un autoidentificazione come banda.
  • Ci sono poi gruppi che utilizzano alcuni spazi per fare le cose consuete di qualsiasi adolescente: ascolto di musica, pratica di alcuni sport di strada, confronto e scambio, corteggiamento tra i generi.  Uno spazio che può essere, da alcuni gruppi che vi si sono insediati stabilmente, rivendicato come proprietà esclusiva. E per questo si possono verificare conflitti con un certo, in genere limitato, grado di violenza verso altri gruppi o singoli, ma senza le connotazioni di gratuità.

 

  • È stata fatta poi un’analisi sul fatto che dagli anni 2000 salgono sulla scena e alla ribalta della cronaca le bande di giovani latinos.
  • Questa emergenza intorno al 2006 si è ridimensionata. Ed è rientrata. Questo non solo per l’effetto della repressione di polizia e magistratura, ma soprattutto per lo sforzo congiunto di ricercatori universitari, associazioni di operatori e istituzioni locali di comprendere la natura di quel fenomeno al fine di giungere a soluzioni efficaci. La strategia adottata è stata quella di agire su più piani: presenza e azione dei Servizi Sociali e educativi, proposta di forme di soluzione dei conflitti basate sugli strumenti del dialogo e della mediazione, coinvolgimento diretto degli stessi membri delle gang nell’affrontare il problema.

 

  • Soprattutto se in queste comunità si trovano ragazzi e giovani in difficoltà di integrazione, affascina ti sia dai simboli identitari che li fanno sentire legati alla loro cultura di origine che dalle possibilità di guadagno.

 

  • Coinvolgere questi giovani eh non è cosa sempre facile nel clima crescente di intolleranza verso gli stranieri e di esaltazione delle politiche securitarie. Clima in cui pochi sono disponibili a riconoscere che i comportamenti violenti e di predazione sono espressioni di quel malessere sociale e di quelle carenze di opportunità e di senso che accomunano i giovani latinos a moltissimi altri giovani immigrati (e non) in tanti territori di diverse società europee.

 

  • Ma alcuni fenomeni coinvolgono anche i nostri giovani delle province – tipo il fenomeno del lancio di pietre – come mezzo con cui uscire dalle condizioni di invisibilità cui molti ragazzi di provincia si sentono condannati. Un modo, possiamo dire, di esprimersi e dare voce al loro essere anonimi e, finalmente, manifestarsi sulla scena del mondo.

 

  • Più recenti sono i casi di gruppi che hanno assimilato e non si trattengono dalle esibire l’ideologia dell’odio per il diverso, l’estraneo, il non conforme agli standard e alla cultura dominante.

 

  • Gli abusi diventano un’attività che riempie, magari insieme all’alcol e alle droghe, il vuoto e la noia delle serate e delle notti della provincia in cui nessuna proposta di carattere culturale e aggregativo, se non quelle commerciali, è presente.

 

  • Si fa riferimento a un gruppo di Manduria che ha agito per lungo tempo – nell’indifferenza di tanti che pure in qualche misura vedevano e assistevano – in modalità banda.

 

  • Tutto ciò è il segno del venir meno della presa sulle persone (adulti e non solo giovani) delle culture e dei relativi valori che l’hanno a lungo permeata (quella cattolica e quella comunista, ma anche quella liberale e laica). Al loro posto tratti culturali che esaltano l’egoismo, insofferenza alle norme, l’indifferenza o il disprezzo per chi è in difficoltà, l’odio per il diverso, o l’estraneo.

 

  • Quando il fenomeno diventa oggetto di analisi sociologica si intravede come le definizioni dicono su chi le formula e le propone, nel senso che rivelano le sue preletture e gli interessi che coltiva. E sono funzionali agli obiettivi che si prefigge.

 

  • Un primo approccio è legato alle esigenze di ordine e di repressione degli individui e dei gruppi non conformisti, e tende dunque a osservare ed evidenziare ciò che le gang o le bande fanno.
  • Il secondo si concentra maggiormente su ciò che le gang e le bande sono, soprattutto ciò che rappresentano per chi ne fa parte e per i contesti in cui sono presenti.

 

  • Orientamenti culturali che in questo scenario si sono imposti e sono divenuti dominanti come l’individuo considerato ideale nelle società di oggi. Un individuo che si vuole libero, flessibile, slegato da vincoli impegnativi e duraturi. Dunque anche insofferente verso vincoli sociali, (relazioni, regole, norme, doveri). Un individuo essenzialmente autoreferenziale ed egoista, artefice unico del proprio destino e dunque di essere responsabile sempre, nel successo come nel fallimento.

 

  • La rilevanza di questi orientamenti dominanti è testimoniata dai comportamenti di tanti adulti che mostrano quanto sia diffuso il venir meno del senso di responsabilità verso gli altri, verso il bene comune, verso la società, lasciando il posto all’interesse strumentale per l’alto, meritevole di considerazione solo se è utile.

 

  • Tutto è cambiato, diverso e dunque non conta più la storia, mentre non si sa cosa riserva il futuro.

 

  • In questo orizzonte culturale sono invischiati un po’ tutti, ma in modo particolare coloro che hanno meno strumenti culturali per leggere criticamente la realtà e difendersi dalle imposizioni sistemiche.
  • Proprio quelli che, in tanti contesti occidentali, sperimentano maggiormente i limiti alla realizzazione di quei desideri dovuti alle condizioni economiche.
  • Così, molti adulti, prima ancora che i giovani, esprimono, nei loro comportamenti quotidiani, quella che è stata definita come crisi della legalità: le leggi, le norme, sono percepite come ostacoli alla libertà individuale o al raggiungimento degli obiettivi di possesso, di consumo che paiono non comprimibili.
  • E dunque facilmente aggirabili ogni qualvolta ciò sia possibile evitando le conseguenze dei controlli. Leggi e norme possono essere aggirate anche per affermarsi sugli altri, per primeggiare, per dominare.

 

  • Guardare alle differenze delle condizioni e di conseguenza dei vissuti che caratterizzano le adolescenze e le giovinezze. È questo il piano di ciò che definisce, per gli individui dei gruppi per cui essi appartengono, le differenti posizioni nell’accesso alle opportunità di istruzione, occupazione, formazione, diritti di cittadinanza, eccetera.

 

  • Scuole, parrocchie, associazioni per i giovani e centri di aggregazione sono fondamentali.
  • Se tuttavia pensiamo alla scuola nei territori in cui essa è il solo baluardo dello Stato (insieme al presidio di una forza di polizia) e gli insegnanti sono lasciati soli a combattere una battaglia di portata enorme, il suo fallimento risulta, nella maggioranza dei casi, inevitabile.

 

  • Il fallimento scolastico alimenta la sfiducia dei genitori in ragazzi che diventano ancor meno motivati a impegnarsi in percorsi di perseguimento di obiettivi di successo secondo i criteri della società “normale”, che si rivelano troppo difficili.
  • Da qui la loro ricerca di altri spazi e modi per assicurarsi le gratificazioni che non si trovano nel successo scolastico e di acquisire una reputazione agli occhi del mondo.

 

  • Le forme assunte dalle devianze più radicali, in parte persistenti, in parte nuove, si esprimono in due aree.
  • La prima è quella dei comportamenti di violazione di norme e di violenza e aggressività che si esprimono negli spazi pubblici.
  • La seconda è rappresentata dalle forme di trasgressione radicali più ripiegate (ancorché non sempre solitarie), sulla dimensione dei consumi di beni e, soprattutto, di sensazioni – droghe, alcol, oggetti simbolicamente connotati), o sulla propria sofferenza e i propri disagi di cui sono manifestazione l’isolamento dal mondo (il fenomeno degli hikikomori), l’anoressia, i tagli sul corpo, i tentativi di suicidio, eccetera.

 

  • Se per le giovani generazioni il futuro non è più una promessa, ma spesso solo una minaccia o quantomeno una grande incognita, ne consegue l’inevitabile concentrarsi sul presente.

 

  • Oggi, in molti casi, i più giovani giudicano quella integrazione un’illusione: se e quando c’è stata, è stata subordinata e spesso precaria.

 

  • In tutto ciò la nostra società reagisce con la paura.
  • Una paura tale da giustificare la repressione come strumento privilegiato per affrontare il problema.
  • Soprattutto se lo fanno al di fuori del perimetro delle aree di degrado da cui si presume abbiano origine e in cui si vorrebbero confinare.
  • Se, infatti, la parola d’ordine più diffusa è allarme, insieme alla constatazione di una emergenza, ciò richiede decisioni rapide e possibilmente capaci di rassicurare: in genere controllo e repressione più estesi.

 

  • È necessario sviluppare servizi di lavoro di strada e di educativa di strada.

 

  • Purtroppo il coinvolgimento delle comunità è concepito e praticato con due diversi, ma non inconciliabili, tipi di programmi da un lato la mobilitazione per la denuncia e la difesa dalle aggressioni e ai reati compiuti sul territorio e per il sostegno alle vittime; l’altro la sollecitazione a farne attori di iniziative e progetti volti al miglioramento delle condizioni dello stesso contesto sociale e di attenzione ai giovani che vi crescono.

 

  • Le bande sono conseguenza di carenze strutturali.

 

  • Interrogarsi su come la società intera e, in modo particolare, le comunità locali, con le loro istituzioni e i loro servizi, possano rispondere ai bisogni, ai disagi, alla rabbia, ma anche alle esigenze profonde e ai desideri di tanti ragazzi, adolescenti e giovani.
  • Interventi di miglioramento delle loro condizioni di vita, di sostegno alle famiglie e alle istituzioni scolastiche perché svolgano al meglio i loro compiti educativi, una informazione e sensibilizzazione sui rischi di incorrere in comportamenti criminali e sulle loro conseguenze.
  • Lotta all’abbandono scolastico, proposte di attività nel tempo libero che incontrino i loro interessi, aggancio dei gruppi di strada e loro coinvolgimento in progetti e iniziative valorizzanti. Dare parola agli stessi ragazzi

 

  • Bisogna incidere sulla cultura attuale cioè quella del consumo senza discontinuità incidere sui modelli da imitare necessariamente per essere qualcuno; l’immagine di sé da proporre incessantemente con la speranza che ottenga approvazione; la prevaricazione degli gli altri come tratto normale delle relazioni; il mancato rispetto delle regole se sono di intralcio a ciò che si desidera; la violenza come mezzo per affermarsi e risolvere conflitti.
  • Incidere sulla tendenza a imitare chi è indicato come eroe negativo.

 

  • Agevolare l’incontro con qualcuno (un adulto) che sappia conquistare la fiducia e dare fiducia a chi si trova in situazioni difficili.